Damien Faure, Pyramiden – Festival OVNI
Esposizione
Da 15 Novembre a 13 Dicembre 2024
Dal 15/11 al 13/12/2024, ogni giorno.
Damien Faure, France, 2024, 2.35 :1 - 5.1 (extraits choisis, avec un accrochage de photographies in situ de Louise Faure). Production : aaa production / French Kiss production.
Come a volte accade, il caso fa bene le cose. Partita per le Svalbard, arcipelago norvegese sperduto nell'Artico, per svolgere uno scouting per un documentario sul Seed Vault, questa architettura di cemento che sprofonda nella roccia ghiacciata e funge da ultimo rifugio per i semi raccolti in tutto il mondo nel disastroso evento di una catastrofe climatica o nucleare, Damien Faure ha sentito per caso parlare di un altro luogo sorprendente. Fu così - primo caso - che scoprì non lontano da lì una strana città fantasma, chiamata Pyramiden (Пирамида in russo) dalla forma di una montagna ai piedi della quale fu fondata dagli svedesi nel 1910, poi acquistata nel 1926. dall'URSS per permettere ad una compagnia mineraria di insediarsi lì incaricata di sfruttare il sottosuolo ricco di carbone, creando di fatto una colonia dall'architettura tipicamente sovietica (fino al busto di Lenin) in terra norvegese, lasciata com'era dopo l'inaspettata partenza degli occupanti quando l'attività cessò nel 1998 - con ancora tutte le tracce della vita passata: i libri sugli scaffali della biblioteca, i giocattoli sul pavimento dell'asilo, i vestiti sulle grucce, perfino le bobine di pellicola ancora caricate i proiettori nella sala cinema.
Seconda coincidenza: mentre le riprese del documentario sul santuario botanico sono finanziate e pronte per iniziare, la crisi del Covid-19 interrompe il progetto e, alla riapertura delle frontiere, le persone legate in loco a questo documentario e il cui essere protagonisti erano diventate dispersi, rendendo impossibile la realizzazione dei lavori. Fu allora che nacque l'idea di passare dal Seed Vault a Pyramiden/Pyramida, ma anche dal documentario alla finzione. Una delle domande costanti di Damien Faure come regista è vedere come, attraverso il dispositivo dell'inquadratura, possiamo far evolvere un personaggio in un dato spazio. In questo preciso luogo di Pyramiden/Пирамида, la potenza formale e suggestiva di questa incongruenza architettonica sovietica, come se cadesse dal cielo in mezzo ai ghiacciai, e occasionalmente attraversata da renne sfinite, offriva poi un quadro plastico, memoriale e narrativo atto a spingere inoltre l'intenzione di ricorrere alla sperimentazione filmica da parte del cineasta - l'architettura arriva quasi al punto di rivendicare, come l'eroe del film, una qualità di carattere e una corporeità critica.
Altra fruttuosa sorpresa, le bobine trovate intatte sul posto da Damien Faure nella sala di controllo del cinema appaiono furtivamente nel montaggio durante tutto il film, raffigurando le vite degli abitanti dell'epoca immortalate da loro stessi su pellicola, e presentandole in uno tremolante bianco e nero quelle stesse architetture allora abitate e una forma di utopia politica e sociale esagerata davanti all’obiettivo. L'architettura nell'immagine gioca quindi la sovrapposizione su se stessa tanto quanto nell'immaginazione dello spettatore di questo strano balletto visivo ed emblematico.